11:52 Un nuovo Superbonus elettrico per dimezzare consumi ed emissioni
di Andrea Barbabella, articolo originale su Huffpost.it
Gli edifici italiani sono responsabili di quasi il 45% dei consumi nazionali di energia. Si tratta del settore più energivoro del nostro Paese, molto più dell’industria e dei trasporti. Se vogliamo affrontare crisi climatica e crisi dei prezzi dell’energia (e magari anche ridurre l’esposizione a crisi geopolitiche di varia natura) dobbiamo necessariamente occuparci delle performance energetiche delle nostre case, delle scuole, degli ospedali e dei centri commerciali, definendo un percorso efficace per tagliarne i consumi e le emissioni. I progressi fatti finora sono stati decisamente scarsi ma oggi, grazie all’elettrificazione, potremmo invertire questo trend, aprendo una stagione di profondo rinnovamento del parco edilizio e mettendo il settore sulla strada giusta per la neutralità climatica (e la liberazione dai combustibili fossili). Vediamo come.
Qual è il peso energetico e climatico del parco edilizio italiano?
Come anticipato, quello degli edifici è il primo settore per consumi di energia in Italia con quasi 50 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) ogni anno. Si tratta dell’energia che usiamo per scaldare e raffrescare gli ambienti, per illuminarli, per far funzionare tutte le apparecchiature elettriche ed elettroniche al loro interno, e così via. Ma di quale energia parliamo?
In primo luogo di gas, possiamo dire il protagonista della scena mondiale degli ultimi mesi. Quasi la metà di tutti i consumi di energia del parco edilizio nazionale è soddisfatto da questo combustibile e in larghissima parte destinata al riscaldamento invernale. Ogni anno bruciamo circa 30 miliardi di metri cubi di gas, il 40% di tutto il gas consumato in Italia e all’incirca lo stesso quantitativo utilizzato da tutte le centrali italiane per produrre elettricità. La seconda voce di consumo è l’energia elettrica, con circa 150-160 miliardi di kWh consumati in un anno: anche in questo caso gli edifici da soli sono responsabili di circa la metà di tutti i consumi italiani di elettricità.
Ovviamente tutti questi consumi generano anche tante emissioni, anche se forse un po’ meno di quello che ci si potrebbe aspettare grazie in realtà a un mix energetico tutto sommato migliore di altri settori (ad esempio dell’industria, dove c’è ancora relativamente tanto carbone, o dei trasporti, ancora oggi dominati dai prodotti petroliferi): quello degli edifici è il secondo settore in Italia per emissioni di gas serra, con meno del 28% del totale, mentre in questa poco lusinghiera classifica primeggia ancora il settore industriale.
Tornando ai consumi di energia, non solo quello degli edifici è il settore più energivoro d’Italia, ma è anche quello che nel corso degli anni ha li ha aumentati più di tutti. Prendendo come riferimento il 1990 e fermandoci al 2019 per non “sporcare” il dato con gli effetti della pandemia (poi della crisi dei prezzi), i consumi energetici del parco edilizio nazionale sono passati da 34 a quasi 50 milioni di tep (+44%). Si tratta di un aumento di circa 15 milioni di tep contro i circa 3 dei trasporti, la sostanziale stabilità dell’agricoltura e addirittura un taglio di oltre 9 milioni di tep del settore industriale. In altre parole, gli edifici negli ultimi decenni sono stati di gran lunga il principale responsabile degli scarsi progressi fatti dall’Italia in termini di riduzione dei consumi di energia (che al netto della crisi sono ancora più alti di quelli del 1990). In particolare, tornando al tema di attualità, tutto l’aumento dei consumi di gas registrato in Italia negli ultimi trent’anni è stato causato proprio da quanto accaduto nel parco edilizio.
Quanto sono efficienti le case in cui abitiamo?
Fin qui abbiamo parlato indistintamente di edifici. In questa categoria rientrano ovviamente sia edifici pubblici che privati, con le più diverse destinazioni d’uso: dagli uffici alla pubblica amministrazione fino alle nostre abitazioni. Ma sono proprio queste ultime a rappresentare di gran lunga il gruppo più importante di questo settore, anche dal punto di vista energetico: sono imputabili a loro, infatti, oltre i due terzi di tutti i consumi del settore. Ma quali consumi? Proviamo a conoscerli meglio.
Stando ai dati dell’ultimo censimento Istat, in Italia ci sono quasi 31 milioni di abitazioni, poco più di una ogni due residenti. In realtà molte di queste non sono abitate o lo sono solo molto sporadicamente. Quelle effettivamente utilizzate si aggirano attorno alle 24 milioni di unità, da cui si generano praticamente tutti i consumi e le emissioni di questo comparto. Ovviamente questo numero mette insieme tipologie anche molto diverse tra di loro: circa 10 milioni sono costituite da abitazioni indipendenti, villette a schiera o simili, la parte rimanente è fatta di appartamenti, che si concentrano in circa un milione di condomini sparsi sul territorio nazionale. Per scaldare e alimentare dal punto di vista energetico tutte le nostre case consumiamo ogni anno oltre 30 milioni di tep: oltre la metà di questi consumi viene soddisfatto con il gas (circa 22 miliardi di mc all’anno) e un quinto con l’energia elettrica (poco meno di 70 miliardi di kWh). Nel complesso, le case degli italiani sono responsabili dell’immissione in atmosfera di circa 70 milioni di tonnellate di gas serra.
Come possiamo leggere questi numeri e farci un’idea di quanto siano performanti le case in cui viviamo (o al contrario, se vogliamo, di quanto potremmo migliorare le loro performance)? Un modo abbastanza semplice è quello di confrontarci con altri Paesi europei. Ma, visto che gran parte del fabbisogno energetico di una abitazione deriva dal riscaldamento invernale, un confronto diretto rischierebbe di sfavorire i Paesi nordici e, viceversa, dare un vantaggio sistematico a quelli più caldi. Per questo, nell’ambito del progetto europeo Odyssee-Mure, è stata elaborata una metodologia che “depura” il dato di consumo dal fattore climatico, consentendo un confronto virtualmente a parità di condizioni climatiche. Sulla base di questa analisi viene fuori una rappresentazione delle prestazioni del patrimonio edilizio residenziale nazionale decisamente poco lusinghiera: nel 2019 (ultimo dato disponibile) un’abitazione media italiana ha consumato, per il solo riscaldamento invernale, circa 15 kilogrammi equivalenti di petrolio, uno dei valori più alti in Europa, secondo solo a quello di Croazia e Ungheria, e molto lontano dai 9 kilogrammi della media europea.
Ma forse a preoccupare ancora di più è l’analisi dei trend: in vent’anni, dal 2000 al 2019, il consumo medio complessivo di un’abitazione italiana non è praticamente cambiato mentre, nello stesso periodo, un’abitazione media europea ha ridotto il proprio fabbisogno energetico del 17%, con alcuni Paesi come la Francia che sono andati addirittura oltre il -20%. È certamente vero che nelle regioni più fredde con maggiore necessità di riscaldamento investire in efficienza ha ritorni economici e di comfort diversi rispetto a regioni più calde, ma rimane il fatto che in Italia in vent’anni non siano stati fatti progressi mentre, ad esempio, in Spagna nello stesso periodo i consumi energetici di una abitazione media si sono ridotti esattamente come la media europea e al 2019 una casa consuma in un anno quasi la metà che da noi. Possiamo affermare, quindi, che fino ad oggi gli sforzi messi in campo per efficientare il patrimonio edilizio italiano non hanno dato i risultati attesi e che in prospettiva abbiamo certamente un grande potenziale di miglioramento.
Perché passare a una casa full electric è una soluzione?
Nel 2021 la Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha presentato uno studio nel quale ha analizzato gli effetti di uno scenario di elettrificazione delle abitazioni nella citta di Verona, mettendo a confronto le prestazioni energetiche ed emissive di una abitazione tradizionale e una full electric. Vediamo cosa emerge.
Oggi una abitazione “tradizionale” non elettrificata mediamente consuma in un anno circa 1,2 tep. Solo un quinto di questi sono consumi elettrici, per far funzionare elettrodomestici, apparecchi elettronici e per illuminare gli ambienti. Oltre l’80% è rappresentato da consumi termici, soddisfatti essenzialmente da gas, in larghissima parte connessi al riscaldamento invernale. Quindi una abitazione media in Italia ogni anno consuma circa 2.700 kWh di energia elettrica e 1.000 mc di gas generando l’emissione di 3 tonnellate di gas serra.
Se trasformiamo la stessa abitazione in una casa 100% elettrificata, sostituendo la caldaia con pompe di calore e fornelli a gas con piastre ad induzione, andremo quindi a tagliare ogni anno il consumo di 1.000 mc di gas. D’altro canto aumenteranno i consumi di energia elettrica che, all’incirca, raddoppieranno. Ma, grazie alla maggiore efficienza degli apparecchi alimentati con l’energia elettrica, il consumo finale annuo di energia si ridurrà fino a circa 0,5 tep (-60%) e le emissioni scenderanno sotto la soglia di 1,5 tonnellate/anno, più che dimezzandosi. Questo immaginando di rifornirsi completamente dalla rete elettrica al mix attuale di generazione.
Da un punto di vista strettamente energetico ed emissivo, quindi, elettrificare le nostre abitazioni conviene e porta benefici importanti. Ma in realtà la cosa più interessante è che grazie all’elettrificazione ho trasformato la mia casa in una casa zero carbon ready, ossia predisposta a diventare a zero emissioni. Questo perché le emissioni prodotte per generare un kWh in Italia sono ogni anno sempre più basse – siamo passati da circa 500 gCO2/kWh nel 2000 a circa la metà oggi – e per rispettare gli obiettivi climatici dovranno scendere ancora, arrivando nel 2030 a circa 50 gCO2/kWh, quindi un decimo di quanto emesso trent’anni prima, fino ad azzerarsi del tutto pochi anni dopo. A quel punto, senza fare nessun altro intervento, la mia casa 100% elettrica sarà anche una casa carbon free.
Ovviamente potrei anche decidere di accelerare questo percorso installando da subito un impianto fotovoltaico, preferibilmente collegato a un sistema di accumulo: se correttamente dimensionato questo intervento, che nelle condizioni attuali e con gli incentivi esistenti si ripaga in pochissimi anni, potrebbe portarmi da subito a emissioni molto vicine allo zero. Ma, soprattutto, avrei un beneficio immediato sulla bolletta energetica: già il passaggio dal consumo di gas a quello di elettricità comporta generalmente un certo risparmio economico, ma con l’autoproduzione di energia elettrica questo vantaggio cresce enormemente, specie se grazie a una batteria posso massimizzare il cosiddetto. autoconsumo (ossia quelle ore della giornata in cui il mio fabbisogno viene soddisfatto direttamente dalla produzione dei moduli fotovoltaici o, secondariamente, dall’energia stoccata nella batteria). E, nell’attuale congiuntura, questo rappresenta un vantaggio non proprio trascurabile.
Una proposta: un nuovo Superbonus per trasformare ogni anno un milione di abitazioni esistenti in abitazioni zero carbon ready
Siamo di fronte ad una duplice crisi, climatica da un lato ed energetica dall’altro, alla cui base sta un modello economico insostenibile basato sull’utilizzo intensivo dei combustibili fossili. Su questa duplice crisi se ne è sovrapposta una terza, di natura geopolitica, che di fondo condivide le stesse ragioni e la stessa natura delle prime due. Per affrontare e risolvere queste crisi, l’unica strada possibile è quella di abbandonare un sistema energetico basato sui fossili e azzerare le emissioni nette di gas serra prima della metà del secolo. Per fare questo abbiamo bisogno di indurre dei cambiamenti senza precedenti in tutti i settori dell’economia e della società. Sugli edifici, in particolare, che come abbiamo visto sono grandi consumatori di gas e contribuiscono in modo rilevante alle nostre emissioni di gas serra, dobbiamo varare un programma di riqualificazione che porti ad azzerarne completamente le emissioni prima del 2050. Questo vuol dire che dovremo trasformare circa 1 milione di abitazioni ogni anno in abitazioni a zero emissioni o predisposte per diventarlo entro tale data, costruendo al tempo stesso una filiera industriale nazionale in grado di sostenere questa transizione.
Abbiamo visto come almeno fino al Covid le misure messe in campo per efficientare gli edifici non hanno funzionato. Negli ultimi due anni è intervenuta una importante novità: il Superbonus del 110%. Tuttavia questo strumento ha mostrato un limite importante rappresentato dal mix di costi troppo elevati e scarsa efficacia in termini di efficientamento. In quasi due anni, secondo l’ultimo bollettino dell’Enea, con questo strumento sono stati finanziati oltre 43 miliardi di euro di interventi che, secondo le stime di Italy for Climate, hanno interessato circa 700 mila abitazioni con una riduzione dei consumi di energia di 500-600 mila tep e un taglio delle emissioni di poco più di 1 milione di tonnellate di gas serra: un taglio, quindi, di poco più dell’1% dei consumi e delle emissioni generate dal patrimonio edilizio nazionale.
Sempre Italy for Climate, in occasione della Conferenza nazionale sul clima di luglio, ha proposto di ridisegnare il Superbonus in funzione dell’obiettivo di azzerare l’emissione di tutti gli edifici residenziali entro la metà del secolo. A tal fine la proposta prevede di dedicare questo strumento prioritariamente alla promozione di interventi integrati di elettrificazione delle abitazioni, incentivando la sostituzione di caldaie e fornelli a gas con pompe di calore e piastre a induzione, quando possibile sempre associate ad un impianto fotovoltaico con sistema di accumulo, azzerando così da subito i consumi di gas e predisponendo l’abitazione per le emissioni zero. Naturalmente il nuovo dispositivo andrà rivisto radicalmente per risolvere le criticità emerse finora e adattarsi al nuovo scopo, ad esempio abbassando la quota detraibile e modulandola in chiave redistributiva (detrazioni più alte per i redditi inferiori) oppure introducendo un meccanismo di controllo dei prezzi che eviti atteggiamenti speculativi. Potrebbe essere questa una sfida per la legislatura che verrà?