15:03 Rinnovabili e falsi miti: quale sarà l’impatto sull’occupazione?
La transizione energetica verso le fonti rinnovabili potrebbe avere un impatto molto negativo sui livelli di occupazione del settore energetico, in Italia come nel resto del mondo. Questo sembra essere un timore diffuso nel dibattito nazionale e portato spesso all’attenzione dei media quando si parla delle necessità di investimenti e di trasformazione del settore. Ma è davvero così?
La maggior parte delle analisi e degli studi esistenti dimostra esattamente il contrario, ossia che un aumento anche rapido delle fonti rinnovabili a scapito dei combustibili fossili produrrebbe nel complesso importanti benefici sia economici che occupazionali. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la transizione energetica farebbe perdere 5 milioni di posti di lavoro nel settore oil&gas al 2030, ma sarebbero ben 14 milioni i nuovi posti di lavoro che invece guadagneremmo grazie soprattutto alla crescita delle fonti rinnovabili e delle attività di efficientamento energetico. Si tratterebbe, dunque, di un bilancio ampiamente positivo con milioni di nuovi posti di lavoro che si verrebbero a creare.
Naturalmente, sebbene il bilancio complessivo in termini occupazionali sia ampiamente positivo, non bisogna ignorare l’impatto sui settori oggi legati ai combustibili fossili. Per questo si parla di just transition, ovvero della necessità di una transizione energetica che non lasci indietro nessun territorio e nessun lavoratore, grazie a misure di riqualificazione professionale, di upskilling e di accompagnamento verso settori più compatibili con un futuro a basse emissioni. Come è già accaduto in passato, in una rivoluzione tecnologica ci sono sempre settori che vincono e settori che perdono e su questi ultimi l’attenzione delle politiche sociali e delle strategie industriali deve essere massima.
Questi ragionamenti valgono ancor di più per l’Italia. Avremmo tutto da guadagnare con la transizione energetica, perché ci permetterebbe di ridurre la nostra alta dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili (con annessi alti costi di approvvigionamento) e di valorizzare il grande know-how tecnologico che abbiamo acquisito nel tempo sulle rinnovabili. L’Italia è, infatti, già oggi una esportatrice netta di tecnologie rinnovabili essendo il sesto Paese esportatore al mondo in questo settore, che ha anche mostrato una buona resilienza agli shock economici legati alla pandemia. Queste caratteristiche della filiera si traducono anche in benefici occupazionali: secondo un recente studio di settore, realizzare gli obiettivi di transizione energetica all’Italia potrebbe far guadagnare fino a 540 mila posti di lavoro (oggi sono circa 120) entro il 2030.
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