Intervista a Maria Paola Chiesi, Shared Value & Sustainability Director Gruppo Chiesi

Modificare lo status quo per riscrivere i processi

La transizione energetica non necessita solo di innovazione tecnologica, ma anche e soprattutto di un cambiamento di prospettiva: è necessario mettere in discussione i processi attuali, la regola dominante. 

Ne è convinta Maria Paola Chiesi, Shared Value & Sustainability Director del Gruppo Chiesi, azienda biofarmaceutica internazionale con Headquarters a Parma in Italia. 

«I nostri comportamenti attuali, come società nel suo complesso, vengono raramente messi in discussione. Si cerca, piuttosto, di capire come passare da uno status quo alimentato da combustibili fossili a uno alimentato da altre fonti. Ma lo sforzo è principalmente concentrato nel difendere lo status. Che è invece il primo aspetto da affrontare, chiedendosi se non ci sia un diverso modo di comportarsi, di lavorare, per ottenere lo stesso risultato, non solo a livello ambientale ma anche sociale».

La mobilità è un ottimo esempio. Oggi si promuovono le auto elettriche come sostituto di quelle a benzina, ma non si ragiona sull’idea che si possa evitare l’utilizzo dell’auto. 

«La vera innovazione allora è farsi delle domande su come scardinare lo status quo. Per fare questo serve visione, coraggio e onestà intellettuale. Ma servono anche competenze e conoscenze. Purtroppo, ancora oggi esistono poche persone competenti in materia. Nella pubblica amministrazione, nel settore industriale così come nella società civile non c’è una conoscenza diffusa e consapevolezza sul tema della protezione ambientale e della transizione green. Mancano i mezzi intellettuali prima ancora di quelli tecnologici».

Sono, quindi, due le figure professionali necessarie: da una parte psicologi sociali, per poter lavorare sul cambiamento dei comportamenti, e dallaltra ingegneri e tecnici in grado di riscrivere i processi riducendo il consumo energetico e rendendoci indipendenti dai combustibili fossili. 

Tutto ciò non può che partire da una forte presa di coscienza di quanto sta accadendo, che oggi sembra mancare. Nonostante la crisi climatica sia un’emergenza talmente grave da pregiudicare la nostra esistenza come specie – basti pensare ai picchi di temperatura di questi giorni con conseguenti danni all’agricoltura e alla salute delle persone – non porta le persone in piazza.

«La mia impressione è che le persone in generale non abbiano ancora compreso lurgenza. I giovani sono gli unici che riescono a immaginarsi da qui a 30 anni. Non la mia generazione né tantomeno quella precedente, ancora oggi al potere».

Forse per questo le scelte, a livello politico ed economico, sono ancora generalmente orientate al breve termine. Si continua a ragionare su un orizzonte temporale di pochi anni e il parametro di riferimento delle performance nazionali rimane il Pil, che misura di fatto la crescita di un paese in termini economico-produttivi, ma non permette di comprendere lo stato di benessere e di progresso di un popolo. 

Sulla percezione della necessità di agire incide molto il modo in cui linformazione viene veicolata, uno degli argomenti della Conferenza nazionale sul clima 2022.

Secondo Maria Paola Chiesi oggi linformazione mostra solo una parte della realtà, seguendo spesso logiche di parte. 

C’è un disallineamento tra ciò che accade a livello educativo – nelle scuole si sta facendo molto per sensibilizzare i ragazzi che forse sono avvantaggiati in questo senso già per natura – e quello che si osserva a livello informativo.

Chiesi è oggi protagonista, insieme ad altre realtà del territorio di Parma, di un importante progetto di valorizzazione territoriale, protezione ambientale e diffusione della cultura della sostenibilità. Si tratta del KilometroVerdeParma, un consorzio forestale che ha lobiettivo di creare aree verdi e boschi permanenti a Parma e nella sua provincia.

«Il cambiamento climatico è purtroppo ormai la realtà in cui siamo immersi. L’imperativo categorico è la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Ma è necessario anche proteggere la popolazione ed aiutarla ad adattarsi ai cambiamenti, in parte già in atto. In questo senso, il verde urbano e boschi periurbani offrono fondamentali servizi ecosistemici per arginare le ondate di calore, migliorare la gestione degli eventi meteorologici estremi, combattere l’inquinamento e, non ultimo, creare spazi di socialità vivibili. È un progetto a lungo termine che parla anche alle future generazioni: si tratta di piante piccole, chi i bambini di oggi vedranno trasformarsi in bosco una volta grandi. Non si tratta solo di tutela ambientale, ma anche di giustizia intergenerazionale».