Intervista a Edo Ronchi, Presidente Fondazione per lo sviluppo sostenibile

La crisi climatica su scala globale e in Italia si sta rapidamente aggravando: siamo colpiti da un aumento delle temperature e da una siccità senza precedenti, con conseguenze gravi che sono davanti agli occhi di tutti. Ma perché in Italia la rappresentanza politica sui temi del clima e della transizione ecologica più in generale è così bassa rispetto agli altri Paesi europei? 

In vista della Conferenza nazionale sul clima, lo abbiamo chiesto ad Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. 

«Mi pare chiaro che vi sia una responsabilità politica. La crisi climatica si è aggravata  perché dal 1992, dalla Convenzione quadro contro il cambiamento climatico, quando erano note le cause e la dinamica della crisi climatica, si sono accumulati ritardi nelle misure che Parlamenti e governi avrebbero dovuto prendere per ridurre le emissioni di gas serra. In assenza di quelle misure, per i decenni successivi hanno continuato a crescere, generando l’aggravamento con il quale ora facciamo i conti». 

Il Presidente Ronchi sottolinea quanto sia importante ricordare che una parte rilevante  delle forze politiche presenti nel nostro Parlamento per decenni ha negato la crisi climatica e le sue cause e si è opposta, come è avvenuto anche in molti altri Paesi, all’adozione di misure incisive per tagliare le emissioni di gas serra.

«Purtroppo la memoria in politica è sempre molto corta: in troppi oggi sembrano aver dimenticato queste responsabilità. Di fronte alla drammatica evidenza della crisi climatica, i negazionisti in Parlamento e al Governo sono, ovviamente, oggi quasi scomparsi. Ricompaiono però numerosi con nuovi argomenti, condivisi anche da altri in Parlamento: la crisi climatica è globale e noi non possiamo fare niente per contrastarla e non bisogna esagerare, perché vi sono anche molti altri problemi, economici e sociali da affrontare». 

La crisi climatica è globale, ma se non cominciamo noi, Paesi più avanzati, ad affrontarla il suo esito catastrofico è certo. Ci saranno sempre anche altri problemi che non sono però una ragione sufficiente per non affrontare la crisi climatica che ha costi sociali ed economici enormi. 

«Così anche se larga parte della nostra attuale rappresentanza politica è favorevole all’Accordo di Parigi per il clima e, con qualche riserva dichiarata, anche al pacchetto delle misure proposte a livello europeo, l’Italia non ha una legge per il clima aggiornata ai nuovi e più avanzati target europei e non è fra i Paesi più avanzati nelle misure adottate per tagliare le emissioni di gas serra come sarebbe necessario per arrivare alla neutralità climatica, né per quelle di adattamento ai cambiamenti climatici». 

Oltre alla crisi climatica, la grande crisi che viviamo ormai da mesi è quella energetica. Per affrontare il caro energia e l’autonomia energetica dalla Russia, la Commissione Europea  ha presentato un pacchetto che rafforza le misure di FIT for 55, con REPowerEU che, in particolare, alza il target delle rinnovabili in totale dal 40 al 45% entro il 2030. E aumenta anche l’impegno per l’efficienza al da 9 al 13%. 

«Il nuovo target europeo, come  ha evidenziato la recente roadmap proposta da Elettricità futura, richiederebbe un forte aumento delle rinnovabili elettriche, con 85 GW di nuovi impianti da installare, di solare ed eolico, per arrivare al 2030 a produrre l’84% dell’elettricità generata con fonti rinnovabili: un bel balzo rispetto al 41% attuale». 

Per seguire il passo europeo insomma occorrerebbe arrivare a 10 -12 GW di nuovi impianti di fotovoltaico ed eolico ogni anno, mentre negli ultimi 5 anni siamo sotto la media di 1 GW/anno. Nel 2022 abbiamo migliorato alcune procedure e vedremo i risultati a fine anno. 

«Di certo siamo ancora ben lontani dai 10-12 GW l’anno! Come mai? Alla base del rallentamento delle rinnovabili degli ultimi anni io vedo innanzitutto un’insufficiente determinazione politica: non sono stati fissati obiettivi aggiornati e vincolanti, non si indicano i risultati attesi in termini di aumento delle rinnovabili e di riduzione delle emissioni di gas serra dalle misure adottate, non si coinvolgono i vari soggetti (nazionali, regionali e locali) nel raggiungimento dei target e non si dice chi fa che cosa se si superano i tempi e non si realizzano gli obiettivi fissati».

Così come a livello politico non vengono definiti obiettivi precisi per il raggiungimento target, così come spesso il tema del cambiamento climatico viene affrontato senza urgenza, declassato a emergenze minore rispetto ad altre percepite come prioritarie, anche nel dibattito pubblico vi è molta confusione, spesso vengono discussi dati imprecisi o obsoleti. In generale nel nostro Paese sono ancora molti coloro che ritengono che la transizione energetica comporti dei costi economici e sociali elevati e ne sottovalutano i benefici economici e occupazionali, insieme alla fattibilità tecnica. Per esempio, nel momento in cui sono alte le preoccupazioni per gli altissimi prezzi dell’energia, alcuni sostenitori del nucleare continuano a sostenere che l’energia elettrica generata con le centrali nucleari sarebbe meno costosa di quella generata dalle rinnovabili. 

«I dati effettivi sono invece ben diversi e opposti: stando ai costi livellati (LCOE, che tengono conto di tutti i fattori di costo, in modo da renderli comparabili) della generazione di energia elettrica pubblicati dall’Agenzia internazionale dell’energia (World Energy Outlook 2021, pag 336), nel 2020 nell’Unione europea questi sono stati pari a 150 dollari al MWh per le centrali nucleari, a 55 per il solare fotovoltaico e 50 per l’eolico onshore; secondo le previsioni al 2030 sarebbero di 120 dollari al MWh per il nucleare, di 35 per il solare e di 45 per l’eolico e al 2050, in uno scenario di zero emissioni nette al 2050, scenderebbero a 115 dollari al MWh per il nucleare, a 25 per il solare e a 40 per l’eolico». 

«Quindi non solo oggi il costo di generazione dell’elettricità da impianti fotovoltaici è quasi un terzo di quella generata dalle centrali nucleari, ma la previsione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia è che il rapporto fra i costi delle due fonti peggiorerà ulteriormente per il nucleare che sarà di ben 5 volte maggiore di quelli del fotovoltaico. I media nazionali su questi temi hanno un ruolo molto importante e sarebbe opportuno che verificassero le fonti di tante affermazioni infondate in materie così delicate».