La strategia UE per uscire dalla crisi energetica punta sulla transizione

La strategia UE per uscire dalla crisi energetica punta sulla transizione

(di Andrea Barbabella, Coordinatore di Italy for Climate)

L’8 marzo la Commissione europea ha presentato il documento “REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili”. È la risposta europea alla crisi dei costi dell’energia e alla guerra in Ucraina, eventi eccezionali che hanno però mostrato le vulnerabilità intrinseca di una economia caratterizzata da una forte dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili. Non si tratta solamente di intervenire nell’emergenza. Come si legge in un altro documento della stessa Commissione sulla sicurezza energetica dell’Unione “le previsioni a medio termine indicano che i prezzi dell’energia rimarranno più alti della media e volatili fino ad almeno il 2023”; in altri termini siamo di fronte a una crisi strutturale che, pertanto, come tale va trattata. E la risposta della Commissione è chiara: per risolvere questa crisi bisogna ridurre velocemente il consumo di tutti i combustibili fossili, a cominciare da quelli importati dalla Russia che oggi soddisfano il 45% della domanda europea di gas (e quasi il 40% di quella italiana); per far questo la strada maestra è quella di puntare su rinnovabili ed efficienza energetica, anticipando molti degli obiettivi previsti al 2030 dal pacchetto di misure Fit for 55, la nuova strategia climatica dell’Unione. In altri termini, non frenare ma accelerare sulle politiche climatiche grazie alle quali possiamo trasformare in un tempo relativamente breve il nostro sistema energetico rendendolo più sicuro ed economico, oltre che ovviamente sostenibile.

Come ha sottolineato il Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Frans Timmermans “È ora di affrontare le nostre vulnerabilità e di diventare rapidamente più indipendenti nelle nostre scelte energetiche. Dobbiamo tuffarci rapidamente nell’energia rinnovabile. Queste sono una fonte di energia economica, pulita e potenzialmente infinita. Dobbiamo interrompere il finanziamento dell’industria dei combustibili fossili in altri paesi e creare nuovi posti di lavoro qui. La guerra di Putin in Ucraina dimostra l’urgenza di accelerare la nostra transizione verso l’energia pulita”.

Il pacchetto Fit for 55, presentato prima dell’esplosione dei costi dell’energia e della guerra in Ucraina, prevedeva già a livello europeo una riduzione dei consumi di gas di circa il 30% entro il 2030, un taglio di circa 100 miliardi di mc. Con REPowerUE a questo percorso viene impressa una forte accelerazione, arrivando a tagliare addirittura già entro il 2022 il consumo di 40 miliardi di mc di gas. Come? Secondo la Commissione sono 4 gli ambiti di intervento prioritari:

  1. Efficienza e risparmio. Il primo intervento da fare è spingere sulla riduzione dei consumi energetici degli edifici, anticipando il target di 30 milioni di nuove pompe di calore al 2030 e di 15 miliardi di kilowattora di elettricità prodotta dai pannelli fotovoltaici installati sui tetti in un solo anno. Ma anche lavorare sulle c.d. misure comportamentali, ad esempio riducendo di 1°C la temperatura nelle nostre abitazioni in inverno. In questo modo secondo la Commissione già nell’anno in corso si potrebbe tagliare il consumo di 17 miliardi di mc di gas.
  2. Fonti rinnovabili. La Commissione su questo è chiara, bisogna accelerare i processi autorizzativi delle rinnovabili e degli interventi sulla rete – considerandoli infrastrutture di interesse pubblico e individuando le c.d. “aree di riferimento” particolarmente idonee allo sviluppo delle rinnovabili. In questo modo si potrebbero anticipare significativamente i target provisti al 2030 di 480 GW eolico e 420 GW di fotovoltaico. In questo modo già nel corso del 2022 si potrebbero tagliare altri 20 miliardi di mc di gas. Anche se su questo tema la Commissione da un warning importante: bisogna sviluppare una catena del valore europea delle tecnologie rinnovabili e delle pompe di calore e monitorare anche il tema dell’approvvigionamento delle c.d. “materie prime critiche”.
  3. Biometano. Prodotto da scarti agricoli e altri rifiuti organici, è il sostituto più diretto del gas fossile, perché può essere utilizzato in diretta sostituzione senza intervenire sui processi ma azzerando completamente le emissioni di gas serra. La commissione fissa l’obiettivo di produrre almeno 3,5 miliardi di mc di biometano entro la fine del 2022 e 35 miliardi entro il 2030, raddoppiando il target originariamente fissato dal Fit for 55 ed eliminando l’equivalente di consumo di gas fossile.
  4. Idrogeno. È un vettore energetico sul quale l’Europa, e non solo, sta puntando molto che in particolare se prodotto da fonti rinnovabili, consentirebbe di abbattere le emissioni in particolare in alcuni settori, come quello industriale, dove altre rinnovabili o l’elettrificazione non riescono ad arrivare. L’obiettivo è passare dai 5,6 milioni di tonnellate di produzione di idrogeno verde originariamente previsti al 2030 a 20 milioni, raddoppiando la produzione interna e aggiungendo 10 milioni di importazioni e sviluppando una infrastruttura integrata gas-idrogeno, gli stoccaggi e le infrastrutture portuali. In questo modo al 2030 si arriverebbero a tagliare tra i 25 e i 50 miliardi di mc di gas naturale (questa misura richiede più tempo di altre non avrebbe ovviamente impatti immediati).

Naturalmente la nuova proposta della Commissione oltre all’obiettivo di ridurre in assoluto la dipendenza dell’Unione europea da tutti i combustibili fossili si pone anche quello di intervenire più nello specifico sulle importazioni di gas dalla Russia, portandole dai 155 miliardi di mc del 2021 a zero entro il 2030. In questo senso le parole di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, sono molto eloquenti: “Dobbiamo diventare indipendenti dal petrolio, dal carbone e dal gas russi. Non possiamo assolutamente fare affidamento su un fornitore che ci minaccia esplicitamente. Quanto più velocemente passeremo alle energie rinnovabili e all’idrogeno, associati a una maggiore efficienza energetica, tanto più velocemente saremo di fatto indipendenti e in controllo del nostro sistema energetico”.

Per questo accanto alla accelerazione sulle politiche climatiche viene proposta anche una strategia di rapida diversificazione degli approvvigionamenti che consentirebbe già nel corso del 2022 di tagliare 60 miliardi di importazioni di gas dalla Russia, stipulando nuovi accordi commerciali e intervenendo sulle infrastrutture, grazie ad un aumento delle forniture dai gasdotti che ci collegano ad esempio all’Azerbaijan, all’Algeria e alla Norvegia (stimati 10 miliardi di mc in più) e all’approvvigionamento di gas liquefatto via nave da paesi come gli Usa, il Qatar o l’Egitto (stimati 50 miliardi di mc). Politiche climatiche e diversificazione consentirebbero così, secondo la Commissione, di ridurre di quasi due terzi l’importazione di gas dalla Russia.

Il documento prevede, ovviamente, anche una serie di importanti interventi più strettamente emergenziali, per mitigare l’impatto della crisi sui prezzi dell’energia e prepararsi al prossimo inverno. Tra questi la possibilità da parte degli Stati membri di intervenire direttamente sui prezzi dell’energia, di adottare la massima flessibilità nella disciplina degli aiuti di stato per supportare economicamente famiglie e imprese in difficoltà, di mettere in atto misure eccezionali, anche ragionando sugli stessi diritti di proprietà privata, per arrivare al prossimo inverno con almeno il 90% degli stoccaggi riempiti. Ma il messaggio centrale della Commissione europea è che il modo migliore per mitigare gli effetti della duplice crisi in corso ed evitarne di nuove in futuro è uscire quanto prima dall’era dei combustibili fossili. Per fare questo dobbiamo realizzare – e in pochissimi anni – quella transizione energetica rimandata per troppo tempo, l’unica che potrebbe metterci al riparo non solo dagli impatti del riscaldamento globale, ma anche da nuovi disastri economici e umanitari. Un messaggio chiaro e condivisibile, che purtroppo nel dibattito in corso nel nostro Paese non sembra ancora trovare il giusto spazio.

Articolo originale pubblicato su Repubblica.it