14:03 Intervista a Davide Bollati, Presidente Gruppo Davines
“L’abbondanza entro i confini planetari richiede una profonda trasformazione della mentalità. Non crescita senza limiti, e nemmeno limiti alla crescita, ma crescita entro i limiti“.
E’ la citazione di Johan Rockström tratta dal libro “Grande mondo, piccolo pianeta. La prosperità entro i confini planetari” che Davide Bollati, Presidente del Gruppo Davines, cita all’inizio di quest’intervista in vista della Conferenza nazionale sul clima, per raccontarci cosa ha influenzato la sua visione, quella trasformazione radicale nel modo di pensare che ha posto le basi per un pensiero strutturato e olistico in cui temi ecologici e macroeconomici sono in sinergia.
Il Gruppo Davines ha fatto di questo approccio una strategia a 360 gradi, che si traduce oggi in azioni concrete come ad esempio la scelta di investire nel progetto di agri-voltaico, pannelli solari integrati nell’ambiente, funzionali non solo a logiche energetiche green ma anche a favorire coltivazioni sostenibili, con minor impiego di acqua che permetteranno di mettere lo stabilimento dell’azienda in autoproduzione al 100%.
«Destineremo circa 5 ettari di terreno all’agri-voltaico. È un progetto ora in fase di definizione, assieme ad altri fondatori della Regenerative Society Foundation, la non profit nata nel 2020 per andare oltre l’obiettivo dell’azzeramento della carbon footprint e lasciare un impatto positivo».
«Adesso siamo in fase di permitting avanzato. I pannelli saranno Made in Italy, verranno prodotti nella 3 Sun Giga Factory di Enel a Catania – spiega Davide Bollati – Il progetto avrà una sensibilità particolare dal punto di vista estetico e paesaggistico. Lavorando nel settore dell’estetica vorremmo riuscire a essere esemplari da questo punto di vista, trovando la giusta convergenza tra valore estetico ed etico». Un progetto che indirettamente si presenta come una risposta positiva a quell’idea per cui gli impianti rinnovabili distruggerebbero la bellezza dei territori.
L’intenzione infatti, come spiega il Presidente Bollati, è quella di cogliere lo spunto sui paesaggi rinnovabili del documento firmato da Fai, WWF e Legambiente che propone l’adozione di regole condivise, competenze aggiornate, procedure e strumenti efficaci per rinnovare il paesaggio in modo sostenibile.
Guardando al settore in cui Davines opera invece, Bollati individua due punti principali su cui è necessario concentrare gli interventi, ovvero materie prime e packaging. Per ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti il Gruppo Davines si è dato un obiettivo ambizioso: abbandonare l’uso di materiali vergini da combustibili fossili. Dal 2014 – quando il 100% degli imballaggi in plastica era composto da materiale vergine da combustibili fossili – al 2021, la percentuale di plastica vergine fossile utilizzata si è ridotta di quasi il 63%, grazie al passaggio a materiali plastici riciclati o provenienti da fonti rinnovabili.
L’azienda, inoltre, nella progettazione dei packaging dei propri prodotti si basa sui principi dell’eco-design, nel rispetto di un modello di produzione circolare, che si traduce in imballaggi più sottili e leggeri con il conseguente minore utilizzo di materia e una riduzione delle emissioni di CO2 equivalenti legate al trasporto e al minor impiego di materiali. Grazie a questi interventi mirati, rivolti sia all’utilizzo di materiali riciclati o da fonti rinnovabili sia alla realizzazione di imballaggi dal design più leggero, dal 2014 al 2021 il Gruppo Davines ha ridotto fortemente la sua Impronta di Plastica evitando di utilizzare oltre 841 tonnellate di plastica.
«Il comune denominatore è lavorare sulla filiera, perché va cambiata. Una filiera di plastica vergine non riesce a servire le necessità dell’industria. I costi sono doppi e più in generale c’è un tema di circolarità. In questo senso, dobbiamo pensare ad una vera e propria rivoluzione più che di evoluzione».
Un riferimento va poi al ruolo centrale del consumatore, da tenere sempre in considerazione affinché tutto il processo possa efficientarsi: «Quando si parla di evoluzione sistemica non c’è solo un passo che va fatto, ma molti. Tra i primi rientra l’attenzione al consumatore che da una parte va educato, anche dal punto di vista della regolamentazione su cui deve essere informato, e dall’altra ha il diritto di essere accompagnato verso ciò che è nuovo».
Una sfida ad esempio è quella legata all’utilizzo dell’acqua per i consumatori. Oggi il Gruppo Davines ha investito nella produzione di una linea di prodotti senz’acqua ma la risposta del mercato è stata minima, probabilmente perché le persone ancora non sono pronte.
«L’impresa deve credere nel cambiamento perché i tempi sono maturi. E poi deve riuscire a comunicare in modo nuovo la proposition che si è posta senza scorciatoie, senza greenwashing e mostrando le cose in modo trasparente. É importante mettere l’accento sui passi che si stanno facendo, condividendoli con il consumatore».
Guardando infine ai fattori abilitanti da mettere in campo a livello di comunità, lo sguardo del Presidente Bollati si allarga sino ad abbracciare gli orizzonti delle economie emergenti: «É importante il lavoro che a livello europeo si sta portando avanti con la carbon border adjustment tax – da completare con stop agli incentivi sul fossile e incentivi alla transizione. – Allo stesso tempo dobbiamo aiutare tutti i paesi a convergere verso gli obiettivi climatici, con una particolare attenzione alle economie emergenti, ad esempio con la creazione per creare a livello intergovernativo un fondo di solidarietà sui temi ambientali. Non possiamo chiedere a India, Cina o all’Africa di impegnarsi sulla riduzione di Co2 quando storicamente le maggiori emissioni pro-capite sono state generate da Stati Uniti ed Europa. Oggi però la questione demografica ha ribaltato la situazione. Sono meccanismi complessi da mettere insieme ma dobbiamo lavorarci pensando ad un’economia della convergenza che permetta a tutti di contribuire, ognuno con i propri strumenti, verso l’obiettivo comune».