10:31 Fit for 55%: la nuova Roadmap clima ed energia dell’UE verso la neutralità climatica
di Chiara Montanini
40% di fonti rinnovabili, +9% di efficienza energetica, un carbon pricing esteso e rafforzato, nuove auto esclusivamente a zero emissioni fra 15 anni. Questi alcuni dei principali elementi introdotti dal nuovo Pacchetto Fit for 55 dell’Unione europea, il pacchetto di 14 proposte con cui la Commissione UE ha avviato l’iter di aggiornamento di tutto il quadro di obiettivi e misure in materia di clima ed energia al 2030 per allinearlo al nuovo target 2030 di riduzione delle emissioni nette (comprensive quindi di un assorbimento che potrebbe arrivare a 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente) di gas serra del 55% rispetto ai livelli 1990, di recente approvazione, e all’obiettivo di neutralità climatica entro la metà del secolo. Il target del 55% netto è il risultato di un compromesso politico ed è da considerarsi, come sottolineato dallo stesso Parlamento europeo (che ha richiesto un taglio maggiore di almeno il 60%, senza gli assorbimenti), un impegno appena sufficiente per provare a limitare gli effetti più disastrosi della crisi climatica. Una crisi climatica che sta peggiorando velocemente, come dimostrano l’aumento degli eventi atmosferici estremi in Italia e i gravi eventi di inondazioni anomale che si stanno abbattendo nel nord Europa proprio in queste settimane.
Come previsto dall’iter legislativo, i 14 provvedimenti contenuti nel pacchetto Fit for 55 sono proposte avanzate dalla Commissione europea per aggiornare normative esistenti oppure per introdurne di nuove, proposte sulla base delle quali si avviano ora mesi di confronto e dibattito insieme al Parlamento e al Consiglio europeo, e su ciascun provvedimento sarà necessario raggiungere l’accordo fra le tre parti (il cd. trilogo). Molti di questi provvedimenti erano stati aggiornati l’ultima volta solo a fine 2018, proprio mentre la comunità scientifica identificava per la prima volta l’obiettivo di neutralità climatica e la necessità di aumentare l’ambizione climatica già al 2030, rendendo l’allora nuovo pacchetto 2030 dell’UE di fatto già obsoleto.
Proposta di revisione della Direttiva sull’efficienza energetica. Il nuovo target sull’efficienza energetica al 2030 passa dall’attuale 32,5% (stabilito nel 2018) a circa il 36-39% (a seconda se si consideri i consumi finali o primari di energia) e il target diventa per la prima volta vincolante a livello UE. Dal nuovo quadro sembra emergere dunque un aumento non così sfidante degli sforzi di efficienza energetica, anche considerati i progressi limitati che l’UE ha conseguito negli ultimi anni in questo ambito. In questa proposta di revisione, il target al 2030 è stato espresso secondo una nuova metodologia e indica una riduzione dei consumi di energia del 9%, da calcolarsi rispetto allo scenario di riferimento che emerge dai Piani nazionali energia e clima. La proposta rivede inoltre al rialzo l’impegno di risparmio energetico che tutti i Paesi membri dovranno mettere in atto dal 2024, tagliando i propri consumi finali ogni anno dell’1,5% (era lo 0,8% nella versione del 2018). Interessante e significativo è l’impegno che sarà richiesto agli Stati membri nel rafforzare il ruolo esemplare del settore pubblico: il settore è chiamato a ridurre ogni anno i propri consumi finali di energia dell’1,7%, soprattutto attivando un significativo piano di riqualificazione energetica degli edifici. Ogni anno, infatti, il 3% di tutta la superficie edificata di proprietà di enti pubblici (con riferimento non più solo al governo centrale, come già richiesto dalla versione 2018, ma anche da governi locali, uffici, scuole, ospedali, etc.) dovrà essere trasformata in edifici NZEB (nearly zero energy building), cioè in edifici a bassissimo fabbisogno di energia. Appare curioso che manchi un obiettivo altrettanto impegnativo e cogente di riqualificazione energetica per la parte di edilizia privata e residenziale, che costituisce circa il 90% del parco immobiliare dell’UE e sulla quale, attualmente, vige un target NZEB solo per gli edifici di nuova costruzione.
Proposta di revisione della Direttiva sulle fonti rinnovabili. Il nuovo target al 2030 passa dall’attuale 32% (stabilito nel 2018) al 40% di quota di consumi finali lordi di energia soddisfatti da fonti rinnovabili, mantenendo l’obbligatorietà del target solo a livello europeo. I singoli Stati membri dovranno contribuire all’obiettivo europeo secondo degli obiettivi nazionali indicativi (dunque non obbligatori) sulla base di una metodologia già definita nel 2018. La revisione della Direttiva introduce anche degli interessanti obiettivi settoriali per promuovere la penetrazione delle rinnovabili in tutti gli usi di energia, fra cui: una crescita, obbligatoria a livello nazionale, dell’1,1% ogni anno delle rinnovabili ad uso riscaldamento e raffrescamento; una crescita indicativa delle rinnovabili negli usi termici dell’industria dell’1,1% ogni anno; una quota di consumi rinnovabili, fra elettrici e termici, negli edifici del 49% entro il 2030. Infine la nuova proposta ha anche rivisto i criteri per definire le bioenergie contabilizzabili come fonti rinnovabili in linea con la nuova Strategia europea sulla biodiversità (sui quali le prime opinioni appaiono contrastanti, soprattutto con riferimento ai biocarburanti).
Proposta di revisione del sistema ETS. Si tratta del provvedimento che più di tutti introduce delle modifiche sostanziali all’attuale quadro europeo in materia di clima ed energia e per questo è stato (e continuerà ad essere) anche quello più dibattuto fra esperti e decisori politici. Il motivo risiede nel fatto che la proposta della Commissione intende rafforzare il ruolo del carbon pricing come strumento di mitigazione climatica dell’UE estendendo il sistema ETS a due nuovi settori emissivi: i trasporti e gli edifici. Questi due settori saranno infatti protagonisti di un nuovo mercato ETS, separato rispetto a quello già esistente per industria energivora e produttori di energia, che di fatto introduce una carbon tax sulle emissioni da combustione diretta (per riscaldamento negli edifici e di carburanti nei trasporti) di fonti fossili. Il sistema inizierà con una fase di monitoraggio nel 2024-25 e avviarsi a regime dal 2026. Non sono previste quote gratuite e a partecipare formalmente a questo mercato non saranno gli emettitori diretti (in questo caso gli utenti finali, cioè i cittadini) ma gli stessi fornitori dei combustibili/carburanti, che saranno responsabili del monitoraggio e del reporting delle quantità di combustibili scambiati sul mercato – e delle relative quote di emissione. Secondo la Commissione, questo nuovo mercato ETS servirà soprattutto come segnale di prezzo per guidare la decarbonizzazione dei due settori in modo efficiente, ma non si prevede un target di riduzione specifico delle loro emissioni nell’ambito dell’ETS. I due settori, invece, resteranno parte dell’Effort Sharing Regulation, contribuendo dunque all’obiettivo di riduzione per quel comparto (si veda di seguito). Allo scopo di mitigare i possibili impatti economici e sociali del nuovo mercato ETS e di garantire una transizione equa verso la decarbonizzazione dei trasporti e degli edifici, la Commissione ha previsto un sistema di fondi per accompagnare la misura: in primo luogo, un Social Climate Fund, che metterà a disposizione degli Stati membri 72 miliardi di euro per il periodo 2025-2032; la Commissione vorrebbe poi istituire un Modernisation Fund e un Innovation Fund per promuovere l’innovazione tecnologica e la capacità dei fornitori di combustibili di decarbonizzare i loro prodotti energetici.
Per quanto riguarda l’attuale sistema ETS (quello a cui partecipano i grandi emettitori dell’industria, sia manifatturiera che energetica, oltre che l’aviazione intra-UE), il funzionamento del mercato sarà rafforzato per sostenere la maggiore riduzione delle emissioni del comparto: il target 2030 di riduzione per i settori di questo ETS, infatti, passerà dall’attuale 43% (stabilito nel 2018) al 61%, rispetto ai livelli 2005. Di conseguenza, aumenterà anche il taglio annuo delle quote di emissione (e dunque delle emissioni stesse), passando dall’attuale 2,2% al 4,2%. La nuova proposta di ETS vuole inoltre integrare il trasporto marittimo ai settori oggetto del mercato a partire dal 2023, in particolare il trasporto via mare intra-UE e circa la metà di quello extra UE. La proposta riguarda soprattutto le grandi navi (che pesano più di 5 mila tonnellate), responsabili del 90% delle emissioni di CO2 del settore. L’aspetto più controverso sulla revisione dell’attuale mercato ETS riguarda la disponibilità di quote gratuite di emissione, che la Commissione ha voluto mantenere per tutelare la competitività dell’industria europea nei settori maggiormente a rischio di “carbon leakage”. Il carbon leakage contempla due tipologie di rischio legate alla partecipazione ad uno stesso mercato di Paesi con vincoli ambientali diversi: un rischio di delocalizzazione degli impianti industriali europei verso Paesi con minori vincoli, e un rischio di concorrenza “sleale” che i produttori europei possono subire nel mercato interno da competitor esteri con minori vincoli (e conseguenti prezzi di mercato più bassi). Secondo questa proposta di revisione, le quote gratuite si ridurranno annualmente, in linea con la riduzione generale delle quote sul mercato, ma solo a partire dal 2026; le quote gratuite saranno inoltre allocate in funzione dell’impegno di decarbonizzazione che il soggetto potenzialmente destinatario dimostra di realizzare.
Proposta di Carbon Border Adjustment Mechanism. ll pacchetto Fit for 55 introduce un ulteriore nuovo strumento di tutela della competitività, che dovrebbe entrare in vigore sempre nel 2026 per avviare un ulteriore mercato di certificati “CBAM” che gli importatori di prodotti esteri in UE dovranno acquistare in funzione del contenuto di carbonio del prodotto importato, con il costo del certificato (€ per tonnellata di CO2) che sarà lo stesso formatosi sul mercato ETS industriale. A partecipare al CBAM saranno i settori industriali particolarmente esposti al rischio di carbon leakage, ovvero la produzione di cemento, di acciaio e ferro, di alluminio, di fertilizzanti e di elettricità. Gli aspetti più dibattuti di questo provvedimento riguardano la necessità di una formulazione, ancora in fase di studio, compatibile con le regole di commercio internazionale, oltre che l’eventuale possibilità per un impianto industriale di usufruire allo stesso tempo sia delle quote CBAM che delle quote ETS gratuite.
Proposta di revisione del Regolamento Effort Sharing. La nuova proposta della Commissione non modifica le finalità ed il funzionamento generale del Regolamento, che ha lo scopo di ridurre le emissioni dei settori non coperti dal sistema ETS industriale. Per questi settori (che includono edifici, trasporti, piccola industria, agricoltura e gestione dei rifiuti), il target di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 a livello UE passa dall’attuale 30% al 40% rispetto ai livelli del 2005. La nuova proposta aggiorna anche i target nazionali, che restano vincolanti e differenziati (principalmente sui livelli di Pil pro capite); per l’Italia, il target di riduzione delle emissioni al 2030 dei settori Effort Sharing passerebbe dall’attuale 33% al 44%.
Poiché include anche le emissioni derivanti dalle attività agricole e dall’uso del suolo (a cui ci si riferisce con la sigla AFOLU – Agriculture, Forestry and Land Use), la revisione dell’Effort Sharing è strettamente collegata alla proposta di revisione del Regolamento LULUCF, che si occupa invece di promuovere l’accrescimento e la qualità degli assorbimenti naturali di carbonio. Anche in questo caso le finalità e il funzionamento generale del Regolamento restano invariate nella nuova proposta, ma sono stati nuovamente aggiornati i complessi criteri di contabilizzazione e, soprattutto, è stato rivisto al rialzo il target sugli assorbimenti netti del settore LULUCF, che dovranno passare dalle attuali circa 268 milioni di tonnellate di CO2 equivalente a 310 milioni di tonnellate nel 2030 per contribuire al raggiungimento del target del 55% (che è infatti calcolato sulle emissioni nette, cioè al netto degli assorbimenti). Anche i target nazionali sono stati aggiornati, sempre tenendo conto dei trend di assorbimento attuali e della superficie disponibile a questo scopo; per l’Italia, il target aggiornato ammonta a circa 36 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, fra i più alti nell’UE 27 dopo Svezia, Spagna e Polonia (si consideri che già oggi l’Italia ne contabilizza circa 42 milioni di tonnellate). Una novità di questa proposta di Regolamento LULUCF riguarda la proposta di introdurre un target di neutralità climatica (quindi di zero emissioni nette) del settore AFOLU (cioè agricoltura, foreste e uso del suolo) da raggiungere a livello UE entro il 2035. La proposta obbliga gli Stati membri a contribuire a questo obiettivo e di articolare il loro contributo all’interno del prossimo aggiornamento dei Piani energia e clima.
La decarbonizzazione dei trasporti. In ultimo, ma non per importanza, il pacchetto Fit for 55 aggiorna diversi provvedimenti e misure per accelerare la complessa transizione dei trasporti verso la neutralità climatica. Si tratta di provvedimenti ambiziosi dedicati esclusivamente al miglioramento tecnologico e alla diffusione di mezzi di trasporto più puliti. Il pacchetto non include alcun provvedimento dedicato invece alla promozione di modelli di mobilità sostenibile (sharing mobility, ciclopedonalità, etc.), con obiettivi altrettanto stringenti e avanzati volti a ridurre il numero in circolazione dei mezzi di trasporto, soprattutto quelli privati su strada. Immaginare di decarbonizzare il settore dei trasporti puntando solo su elettrificazione e biocarburanti appare una scelta discutibile e di complessa realizzazione, anche considerando le implicazioni in termini di fabbisogno energetico e uso delle risorse.
La proposta più significativa (e dibattuta anche fra i non addetti ai lavori) per il settore dei trasporti è contenuta nella proposta di revisione del Regolamento sugli standard di CO2 delle auto e dei furgoni, e riguarda l’obiettivo al 2035 di non immettere più sul mercato nuove auto e nuovi furgoni a combustione interna: niente più diesel, benzina, metano, GPL e nemmeno veicoli ibridi (ed è proprio su questi ultimi che si focalizzano alcune perplessità da parte dei produttori automobilistici europei). Nel 2025 le emissioni medie di CO2 dovranno ridursi del 15% rispetto ai livelli attuali e nel 2030 la riduzione per le auto dovrà salire al 55%, dall’attuale 37,5% approvato nell’ultima versione del Regolamento. Una tale penetrazione dei veicoli elettrici su strada richiederà imprescindibilmente una forte crescita e capillarizzazione delle stazioni di ricarica, non solo nei centri abitati ma anche nelle principali arterie europee. La nuova proposta di Regolamento sulle infrastrutture di carburanti alternativi, infatti, introduce degli obiettivi nazionali di sviluppo delle infrastrutture pubbliche di ricarica elettrica, vincolanti ma variabili in funzione della flotta elettrica e a idrogeno esistente nel Paese, che dovrebbero portare (secondo le stime della Commissione) a 1 milione di stazioni di ricarica nel 2025 e 3,5 milioni nel 2030. Anche dalla proposta di Direttiva sulle fonti rinnovabili arrivano delle novità per il settore dei trasporti, poiché le rinnovabili nel settore avranno un nuovo target: migliorare del 13% entro il 2030 l’intensità carbonica dell’energia consumata ad uso trasporti (sia carburanti che elettricità), senza più il ricorso a moltiplicatori. Anche con riferimento al trasporto aereo e marittimo il pacchetto Fit for 55% introduce obiettivi più mirati per aumentare la quota di carburanti sostenibili nel mix di rifornimento e per ridurre le emissioni per gli usi energetici a bordo (diversi dal carburante), obiettivi che si sommano alla partecipazione di entrambi i settori al mercato ETS industriale.
Altri elementi del pacchetto che potrebbero impattare significativamente il mercato del trasporto aereo e marittimo sono contenuti nella proposta di revisione della Direttiva sulla tassazione energetica, la quale costituisce, fra tutti e 14 i provvedimenti del pacchetto, forse quello dal futuro più incerto e complicato. Con riferimento al trasporto, i principali aggiornamenti della Direttiva riguardano lo stop alla esenzione completa dalle tasse di cui ancora godono i carburanti per trasporto aereo, marittimo e per la pesca all’interno dell’UE. Più in generale, la revisione della Direttiva intende aggiornare il sistema di tassazione energetica per renderlo coerente con il nuovo percorso dell’UE verso la neutralità climatica, aggiustando i regimi e i livelli di tassazione di tutti i vettori energetici (e di tutti i settori di uso finale) in base al loro contenuto energetico e agli impatti ambientali, in primis quelli sulle emissioni di CO2, dei carburanti, introducendo dei livelli minimi di tassazione obbligatori per tutti i Paesi membri. Un simile tentativo di aggiornamento della tassazione energetica era già stato avanzato nel 2015, ma si era poi arenato a causa del fatto che, intervenendo in materia fiscale, il provvedimento richiede l’approvazione unanime di tutti gli Stati membri.