16:04 COP27 COP of Coffee | Bollettino numerotre
Cop27 può indicare la via nella nebbia dei conflitti fossili?
di Antonio Cianciullo
Nella trentennale storia delle conferenze Onu sul clima è uno schema fisso. C’è sempre chi – prima, durante e dopo – ripete in modo ossessivo che questi summit sono inutili, costosi e ipocriti. Quasi sempre i denigratori hanno avuto torto perché le Cop (conferenze delle parti che hanno sottoscritto la convenzione Onu sui cambiamenti climatici del 1992) hanno spostato in avanti l’equilibrio della transizione ecologica. Sia pure in modo – talvolta clamorosamente – insufficiente.
Mancano i leader
Questa volta però la distanza tra la consapevolezza crescente dell’immediatezza della crisi climatica e il dispiegamento delle forze in campo alla Cop27 è stridente: emerge come una nota stonata in un concerto. L’assenza dei leader di Paesi chiave come la Cina, l’India, la Russia la sottolinea. E l’apparizione lampo di Joe Biden, con l’Air Force One rimasto appena tre ore sulla pista dell’aeroporto di Sham el Sheikh, non è bastata a iniettare fiducia.
Biden non sblocca lo stallo
Il presidente americano ha chiesto scusa per l’uscita dall’Accordo di Parigi decisa dal suo predecessore Trump. Ha ricordato l’Inflation Reduction Act, la legge sul clima che è riuscito a far passare. Ha rassicurato dicendo che “gli Usa raggiungeranno gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030”. Ma sul fronte economico ha ribadito una linea sulla quale l’accordo con i Paesi meno industrializzati è difficile. Gli aiuti ai Paesi africani per affrontare la crisi climatica verranno aumentati. Washington però non accetta il principio dei risarcimenti climatici basati sulla responsabilità storica. Al massimo è disponibile a studiare uno scudo assicurativo globale per il clima.
Le emissioni non scendono
Altri nodi sono venuti al pettine nella giornata dedicata alla decarbonizzazione. Un gruppo di Paesi (tra cui Stati Uniti, Unione europea, Giappone e Canada) si è impegnato “ad adottare azioni immediate per ridurre le emissioni associate con la produzione e il consumo di combustibili fossili”, ribandendo l’impegno preso alla Cop26 di Glasgow di tagliare del 30% le emissioni di metano al 2030 rispetto al 2020.
Bene. C’è il piccolo particolare che le parole indicano una direzione, i numeri quella opposta. Le cifre fornite dal Global Carbon Project mostrano una crescita delle emissioni di CO2 nell’anno in corso di circa l’1% rispetto al 2021. Ma da oggi al 2030, secondo Carbon Tracker, partiranno nuovi progetti di estrazione di combustibili fossili per mille miliardi di euro. Se a questo aggiungiamo il fatto che la più folta delegazione presente a Sharm el Sheikh è quella dei rappresentanti del mondo oil&gas (oltre 600 accreditati, in netto aumento rispetto a Cop26), si ottiene la misura delle contraddizioni da affrontare.
La Cop sta fallendo?
Dunque si può dire che la Cop sta fallendo? Nel momento in cui l’economia è in difficoltà e i regimi autocratici alzano la voce l’ambiente dovrà fare un passo indietro, schiacciato dall’emergenza? In realtà i modelli organizzativi basati sulla transizione ecologica sono stati già sperimentati con successo sia a livello locale che nazionale e continuano a crescere. Nella Net Zero Coalition delle Nazioni Unite più di 70 Paesi, che coprono il 76% delle emissioni, si sono impegnati ad azzerare le emissioni serra.
Proprio l’attenzione all’ambiente può dunque essere l’antidoto contro un rischio di fallimento più ampio: quello della costruzione di una democrazia planetaria in grado di gestire i beni comuni, da quelli fisici (ecosistemi) a quelli umani (le relazioni sociali). Per difendere il clima occorre costruire un sistema di alleanze tra forze sociali, forze imprenditoriali, forze politiche che tende ad allargarsi in senso orizzontale: è il modello opposto a quello delle autocrazie.
L’autostrada per l’inferno climatico
E infatti Cop27 ha dimostrato la sua allergia alle misure repressive aumentate in Egitto in occasione del summit Onu. La prima settimana della conferenza si è conclusa con un corteo ambientalista con le magliette “Free Alaa” (il blogger egiziano Alaa Abdel Fattah, in sciopero della fame e della sete nelle carceri egiziane) all’interno della Cop, luogo temporaneamente extraterritoriale come quello delle ambasciate e dunque presidio della libertà di pensiero. Era cominciata con le parole del segretario Onu Antonio Guterres: “L’umanità è sull’autostrada che porta all’inferno climatico, con il piede sull’acceleratore”.
Leggi anche l’approfondimento a cura di Toni Federico, del Comitato tecnico-scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
LINK | Approfondimento COP27